Primi risultati di Fase III del vaccino COVID-19 di Oxford

L'analisi ha anche evidenziato una differenza di efficacia, a seconda della quantità di vaccino somministrato: un regime composto da due dosi complete a un mese di distanza l'una dall'altra sembra essere efficace solo al 62%. Invece, i partecipanti che hanno ricevuto una minore quantità di vaccino come prima dose e poi l'intera quantità in seconda dose avevano il 90% in meno di probabilità di sviluppare il COVID-19, rispetto al gruppo placebo. Una priorità ora è quella di capire perché il vaccino sembra aver funzionato molto meglio con una prima dose più bassa. Ad esempio, lo studio potrebbe non essere stato sin qui abbastanza vasto per misurare le differenze tra i due dosaggi, che potrebbero svanire una volta che più casi di COVID-19 saranno rilevati. Il vaccino è costituito da un adenovirus comune isolato dagli scimpanzé e modificato in modo che non si riproduca negli esseri umani: quando iniettato, il vaccino istruisce le cellule a produrre la proteina spike del SARS-Cov-2. Un'altra spiegazione potrebbe quindi essere che una prima dose completa del vaccino innesca una risposta immunitaria non solo alla proteina spike SARS-Cov-2, ma anche verso i componenti del vettore virale. Una terza spiegazione potrebbe essere che una prima dose bassa può portare a una più rapida induzione della memoria immunitaria rispetto a una prima dose più elevata: intervalli più lunghi tra due dosi elevate potrebbero permettere di ottenere lo stesso effetto. Comunque, è importante sottolineare che nessun partecipante che ha ricevuto il vaccino è stato ricoverato od ha sviluppato forme gravi di COVID-19.
Ewen Callaway
Why Oxford’s positive COVID vaccine results are puzzling scientists
Nature NEWS 23 NOVEMBER 2020
DOI: https://doi.org/10.1038/d41586-020-03326-w
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Pubblicato il 04/12/2020